Secondo gli psicologi, la tendenza ad arrivare in ritardo non dipenderebbe solo dalla disorganizzazione, ma anche da alcune motivazioni psicologiche inconsce.
Il ritardo costante è spesso un atto inconscio di ribellione: chi arriva sempre in ritardo è spesso insofferente a obblighi e regole della società che non percepisce in sintonia con il proprio ritmo interiore; l’essere in un certo posto ad una certa ora è visto come come un obbligo e una limitazione alla libertà.
Altre volte il ritardo è una forma di ribellione inconscia ad uno stile di vita che si avverte come poco stimolante e pieno di doveri: chi è spesso in ritardo ha magari una giornata piena di impegni e ha la sensazione inconscia di non essere padrone della sua vita e del suo tempo; il ritardo è, così, un tentativo di riprendersi, almeno parzialmente, quel tempo che gli impegni della giornata gli sottraggono.
Un’altra possibile motivazione inconscia del ritardo costante è il desiderio di attirare l’attenzione degli altri; chi arriva in ritardo ad un occasione importante ha spesso gli occhi di tutti puntati su di sé: “Vediamo un po’ se ci tengono a me, se mi aspettano, allora sono importante per loro”.
La rivista scientifica Airone, spiega la teoria del Dr. Salvatore Di Salvo, psichiatra e presidente dell’Associazione per la ricerca sulla depressione di Torino:
“Tre sono i fattori che determinano la nostra capacità di gestione e controllo del tempo:
– temperamento
– carattere
– personalità.
Chi nasce con un temperamento ansioso è preoccupato, ha spesso paura di non farcela e, quindi, a un appuntamento cerca di arrivare sempre qualche minuto prima, viceversa, il ritardatario ha un temperamento più rilassato, per questo non si preoccupa di rispettare l’orario.
Il carattere invece è un insieme di qualità personali acquisite dalla nascita in ambiente familiare e sociale, qualità che determinano la capacità di adeguarsi alla società. Chi ha avuto un’educazione e dei genitori autoritari ed iperprotettivi probabilmente sarà un ritardatario cronico poiché rifiuterà ogni tipo di regola, anche la puntualità. Di contro, chi viene cresciuto da genitori capaci di trasmettere il rispetto delle regole e degli altri, difficilmente da adulto farà attendere qualcuno.
La personalità è il risultato dei due fattori, carattere e temperamento: l’equilibrio fra i due è indice di puntualità, viceversa lo squilibrio, determina modi di comportarsi differenti, a volte anche estremi sia che si tratti di un puntuale sia di un ritardatario cronico”.
Oltre al ritardatario involontario, vittima di fattori esterni, ritardi imprevedibili e indipendenti da sé, ci sono almeno altri due tipi di ritardatari: c’è il ritardatario pieno d’impegni, che corre dietro al tempo per sbrigare più cose possibili e che a fine giornata resta soddisfatto di ciò che è riuscito a fare (ritardatario ottimista); e c’è il ritardatario in perenne lotta contro il tempo: estremamente sicuro di sé, competitivo e vincente che svolge un numero di attività inimmaginabile nelle sole ventiquattro ore (attività che per esser realizzate al meglio necessitano di un individuo che non si preoccupi di rispettare orari).
Ma c’è anche un terzo tipo di ritardatario cronico, aggiunto dal Prof. Zucconi (psicoterapeuta cognitivo-comportamentale di Udine): “colui che, pur non avendo granché da fare, è comunque in perenne ritardo, poiché troppo concentrato sui suoi bisogni; a volte si tratta di individui anche un po’ egocentrici e incuranti degli altri”.
Il punto consiste nel fatto che tale comportamento è inconscio, quindi, anche se c’è la buona intenzione di giungere puntuale, automaticamente il soggetto arriva in ritardo.
Si tratta di un aspetto del carattere che si assume precocemente negli anni dell’infanzia, preadolescenza o adolescenza, e che offre sicurezza al ritardatario con la compensazione di aver fatto molte cose prima dell’appuntamento.
Jim Dunbar, un 57enne scozzese, nella sua vita ha perso lavori, fidanzate, funerali, appuntamenti piacevoli e non per colpa del suo ritardo cronico, come racconta il Daily Mail.
E le provava tutte: dal posizionare in avanti le lancette dell’orologio per auto-ingannarsi,fino all’acquistare un dispositivo che calcolasse il tempo al millesimo di secondo. Ma ogni sforzo era vano.
“Una volta per andare al cinema – racconta Jim – mi sono svegliato 11 ore prima, ma comunque sono arrivato con 20 minuti di ritardo“.
Una delle spiegazioni più ovvie e comuni è l’errore di pianificazione. Gran parte dei ritardatari ha una forte e radicata tendenza a sottostimare il tempo necessario a portare a termine un compito.
Secondo Roger Buehler, psicologo della Wilfrid Laurier University di Waterloo, Ontario (Canada), in media sottostimiamo il tempo necessario per completare un’azione (a prescindere dalla sua complessità) del 40%.
Anche un articolo di Psychology Today dal titolo” How to Overcome Chronic Lateness” , firmato da Guy Winch, ci racconta come chi vive in ritardo spesso manifesti un vero e proprio problema di gestione del tempo: questo “si dilata e ristringe nelle sue mani senza riuscire a venirne a capo e con grande sofferenza, le condotte perennemente in ritardo si riversano poi sulle relazioni, affettive ma anche di lavoro. Sono i piccoli dettagli nell’organizzare il tempo a fare la differenza” scrive lo psicologo “infatti, anche la migliore delle intenzioni ad arrivare in orario crollerebbe al momento di costruire i propri spostamenti” (es. “ E’ vicino, in 5 minuti di metro sono lì” porta il ritardatario a non valutare quanta strada si trovi da casa alla prima fermata di metro, le scale per arrivare ai treni, la distanza tra un passaggio e l’altro, il flusso del traffico per muoversi poi fino a destinazione una volta arrivati alla giusta stazione. Insomma, i dati che vengono presi in considerazione sono parziali ed è faticoso riuscire a porvi rimedio se non con molta cura e attenzione a come si distribuiscono gli spostamenti).
Un’altra possibile causa è da ricercare nei tratti di personalità dei ritardatari cronici.
In base a uno studio del 2003 condotto da Jeff Conte dell’Università di San Diego, chi tende a distribuire l’attenzione su più compiti contemporaneamente anziché concentrarle su uno per volta è più spesso in ritardo sul lavoro.
Questo accade perché i fautori del “multitasking” hanno in genere una più debole consapevolezza dei vari compiti che cercano di completare tutti contemporaneamente.
Piers Steel, ricercatore dell’Università di Colgary (Canada), ha ideato una legge matematica per calcolare con esattezza quante possibilità ci saranno di essere in ritardo sulla tabella di marcia, così formulata:
U= E x V / I x D
dove:
U: probabilità di farcela
E: aspettativa di successo
V: valore che si attribuisce all’incarico
I: tempo che manca alla scadenza
D: tolleranza al ritardo
Ad ogni variabile bisogna assegnare un punteggio da 1 a 10.
Se il risultato è minore di 3 la probabilità che ci sia un ritardo è molto alta.
Il ritardatario, per sua natura, non ha mai posseduto un’agenda ed è anche un po’ smemorato, non lo fa per cattiveria ma a volte si dimentica le cose, siate comprensivi con lui: è un sognatore, con la testa fra le nuvole, il cui tempo sfugge via come sabbia tra le dita.
Valentina G.