“L’amore è una pazzia temporanea, erutta come un vulcano e poi si placa. E quando accade, bisogna prendere una decisione. Devi capire se le vostre radici si sono intrecciate al punto da rendere inconcepibile una separazione. Perché questo è l’amore. Non è l’ardore, l’eccitazione, le imperiture promesse d’eterna passione, il desiderio di accoppiarsi in ogni minuto del giorno. Non è restare sveglia la notte a immaginare che lui baci ogni angoletto del tuo corpo. No, non arrossire, ti sto dicendo qualche verità. Questo è semplicemente essere innamorati, una cosa che sa fare qualunque sciocco. L’amore è ciò che resta quando l’innamoramento si è bruciato; ed è sia un’arte, sia un caso fortunato”
Louis De Bernieres, “Il mandolino del capitano Corelli”.
Le tremende storie che la cronaca riporta, etichettandole come “femminicidi”, hanno poco a che fare col significato che il dizionario assegna al vocabolo; non si è di fronte “all’uccisione di donne in quanto donne”: gli assassini colpiscono piuttosto quell’unica donna nei confronti della quale hanno sviluppato una severa dipendenza emotiva, tanto da sentirsi incapaci di vivere senza di lei e da diventare talmente gelosi da preferirla morta che con qualcun altro.
Ma questi sono solo la punta dell’iceberg perché spesso l’omicidio scaturisce da anni di violenze fisiche e psicologiche, nei confronti di donne che spesso appaiono deboli e schiave dei loro carnefici.
La posizione paradossale che caratterizza la dipendenza affettiva è: “non posso stare con te” (per il dolore in seguito a umiliazioni, maltrattamenti, tradimenti) “né senza di te”, (per l’angoscia al solo pensiero di perderti).
Soltanto da pochi anni l’Italia sta interessando clinici e ricercatori che, a diverso titolo, si occupano del fenomeno delle dipendenze, mentre negli Stati Uniti da più di 30 anni sono condotte ricerche su questa tematica.
La dipendenza affettiva che si verifica nelle relazioni di coppia è uno stato nel quale l’essere ricambiati diventa una condizione indispensabile per la propria esistenza, proprio come l’assunzione di droga lo è per il tossicodipendente. La dipendenza verso qualcuno che fa soffrire, tanto che ciò avvenga attraverso maltrattamenti all’interno di una relazione, è patologica: proprio come avviene a chi sviluppa dipendenza per l’alcol, la droga e il gioco d’azzardo, la persona che è dipendente dal punto di vista affettivo diventa pericolosa per se stessa e per gli altri.
E’ possibile definire la dipendenza affettiva come una forma patologica di amore caratterizzata da una costante assenza di reciprocità all’interno della relazione di coppia, in cui uno dei due (nel 99% dei casi la donna) riveste il ruolo di donatore d’amore a senso unico, e vede nel legame con l’altro, spesso problematico o sfuggente, l’unica ragione della propria esistenza.
L’Istat ha rilevato che la violenza è opera: del marito nel 53% dei casi; dell’ex partner nel 18%; del convivente nel 10%; di uno sconosciuto nel 2%. Appare evidente che tra mariti, ex fidanzati e conviventi ci sia un 81% dei casi di violenza sulle donne ad opera di uomini con cui esse stesse hanno instaurato una qualche relazione intima.
Le cause della dipendenza affettiva possono trovarsi proprio nei primi anni di vita di una persona, quando lo sviluppo viene condizionato dal rapporto con i genitori: in questo periodo si forma il sistema che permetterà di gestire gli scambi affettivi e relazionali. Un abbandono da parte dei genitori (o una violenza psicologica o fisica) può compromettere il modo nel quale il bambino vivrà la sua sfera affettiva.
I sintomi più importanti di questo problema sono, solitamente, senso di colpa, gelosia, vergogna, senso di inferiorità e rabbia nei confronti del partner, annullamento di sé, abbassamento dell’autostima e paura di solitudine, cambiamenti, lontananza, abbandono e separazione. La dipendenza si alimenta e si nutre del rifiuto, della svalutazione, dell’umiliazione, del dolore: non si tratta di provare piacere nel vivere tali difficoltà, ma di dare corpo al desiderio di essere in grado di cambiare l’altro, di convincerlo del proprio valore, di salvarlo, riuscendo a farsi amare da chi ama solo se stesso.
L’equilibrio di coppia si fonda sempre sul dialogo, sul rispetto di sé stessi e sul riconoscimento dell’altro come individuo prima che come partner: se manca uno di questi tre ingredienti occorre ripartire da lì. Il principale problema nella risoluzione delle dipendenze affettive è certamente l’ammissione di avere un problema. Esistono dei confini estremamente sottili tra ciò che in una coppia è normale e ciò che, nell’abitudine cronica, diviene dipendenza. La difficoltà nell’individuazione del problema risiede anche nei modelli di amore che una persona affettivamente dipendente conserva nella propria memoria e che fanno ritenere determinati abusi e sacrifici di sé come “normali” in nome dell’amore.
Valentina G.